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Edoardo Zuccato e i paesaggi antropologici della poesia

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Articolo in: - Arte e Cultura  

Saronno

Associazione Paolo Maruti Onlus 08/06/2013

Edoardo Zuccato e i paesaggi antropologici della poesia  Associazione Paolo Maruti Onlus
Parole la mattina, domenica 9 giugno 2013 (chi ha la poesia nel cuore, ha il cielo nell'anima ed è l'uomo più ricco del mondo) - Un percorso poetico in cui l'ambiente fisico fatto di colline, alberi, strade, vicoli, luoghi della vita racconta l'identità irripetibile del poeta. Vicende di versi dove il paesaggio geografico, naturale e urbano, è partenza e coincidenza per svelare la propria storia, dove la memoria è penombra vitale e i movimenti del paesaggio accompagnano i mutamenti dei giorni.
 

Parole la mattinaParole la mattina, domenica 9 giugno 2013

Sala Conferenze DEL BOVINDO “VILLA GIANETTI”
Via Roma, 20 – Saronno
Parcheggio gratuito

Ore 11.00 Incontro con il poeta Edoardo Zuccato

Ore 12.30 L’aperitivo


Il classico appuntamento con la poesia che si svolge a Saronno da circa 20 anni, ogni anno realizza un differente percorso ideale che vedrà protagonisti i poeti che non solo rappresentano il vertice artistico della parola in ITALIA, ma sono anche da considerare testimoni, coscienza civile, maestri di vita.
I sei incontri previsti saranno un’esperienza di conoscenza profonda, un’occasione per prendere parte ad un racconto di stagioni esemplari della nostra vicenda letteraria.

Uona
Fèrmi i sfér di pâl e röj

da muén a seccu

tamé batèj in Lüisiàna.


Olona

Ferme le lancette delle pale e ruote

di mulini a secco

come battelli in Louisiana.

Edoardo Zuccato è nato a Cassano Magnago (VA) nel 1963. Dopo la Laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Milano (1987), ha conseguito un M.A. in Letteratura Inglese presso St Patrick’s College di Maynooth, Irlanda (1988), e il titolo di D.Phil. in Letteratura Inglese presso l’Università di York (1992).
Scrive in dialetto altomilanese. Il primo libro di poesia di Zuccato, Tropicu da Vissévar, è stato pubblicato da Crocetti nel 1996. La sua seconda raccolta, La vita in tram, è stata pubblicata da Marcos y Marcos nel 20- 01. Seguono I bosch di Celti (Sartorio, Pavia 20- 08) e Ulona (Il Ponte del Sale, Rovigo 2010). Oltre ad alcuni saggi sulla poesia inglese romantica e contemporanea, ha pubblicato il volume Coleridge in Italy(Cork University Press, 1996).
È caporedattore del periodico di teoria e pratica della traduzione “Testo a fronte”, e ha curato edizioni bilingue di opere di Samuel Taylor Coleridge (Bergamo, 1991), Charles Tomlinson (Milano, 1993), Michael Hartnett (Milano, 1995), Anne Sexton (Milano, 1997), e i volumi Antologia della poesia svedese contemporanea (1996, Crocetti Editore) e Sotto la pioggia e il gin: antologia della poesia inglese contemporanea (Milano, 1997). Ha inoltre collaborato all’antologia Alle origini della letteratura moderna (Milano, 1997).
Ha tradotto le Egloghe di Virgilio (I Bücòligh, Medusa, Milano 2007), Biss, lüsèrt e alter galantomm. Ballate di François Villon (in collaborazione con Claudio Recalcati, Effigie, Milano 2005), e Il dragomanno errante. Quaderno di traduzioni (Atì edizioni, Milano 2012). Insegna letteratura inglese all’Università IULM di Milano.

Bacalén
Du ch'i ur sa cöntan a bicér
e i vann sü liger cuj nüul mâr, e i spirit
sulevâ indaa sveglia giâlda
cugnossan a lüna.

Osteria
Dove le ore si contano a bicchieri
e salgono leggere con le nuvole amare, e gli spiriti
sollevati nella sveglia gialla
riconoscono la luna.


Edoardo Zuccato “scrive in una lingua di periferia e di confine: siamo tra Milano, la Brianza, il Varesotto. Perciò una lingua minoritaria, incolta, trascurata dalle grandi tradizioni: una lingua più vicina al silenzio...”.
Così afferma Franco Loi nella prefazione de La vita in tram (Marcos y Marcos, 2001); prosegue asserendo che la poesia di Zuccato è una delle realtà della tradizione contemporanea, non soltanto per quanto concerne l'àmbito dialettale. E infatti è necessario leggersi, non solo per motivi di comprensione, le versioni italiane delle poesie in "bosino" di Zuccato: sono testi autonomi, del tutto legittimati secondo i canoni della stilistica italiana.
«Lungo il percorso dell’- Olona si dipana il racconto dialogato e monologante di un’umanità descritta per fasce: i personaggi dell’infanzia, della “sorgente” e del primo “tratto” della vita; quelli sperduti nella suburra babelica che è diventata Milano; i popoli delle pianure, infine, fin verso la foce, dove il paesaggio reca ancora i tratti della malattia del moderno, con le sue case piatte, gli scarichi delle fabbriche, le autostrade… Anche se i nomi della topografia e del ricordo, dice l’Olona, sono rimasti tali e quali, maggiore risulta l’attrito del senso delle cose, nella perdita, che il poeta registra con toni aspri e spesso da invettiva, da disperazione dantesca. Perché è l’Olona la voce poetante che ci accompagna nel suo percorso di discesa, e ci fa vedere, ricordare – vedere e ricordare, perché non ci può essere compassione e senso etico senza il guardare ricordando – . Questo scagliarsi contro i mali della modernità, è la necessità di verità che appartiene a ogni vera poesia, cancellata la quale rimane la forma bella. E qui non si fa certamente poesia “bella” – ed è detto chiaramente – ; perché la poesia bella è quella che fanno “gli artisti”. […] Questa franchezza è resa possibile solo dal parlato, non mediato dalle forme della letteratura alta.
[…] Come tutti i libri semplici e belli, capita di trovarsi in difficoltà a parlarne, per il semplice fatto che, l’unico modo per raccontarli rimane, appunto, il racconto. Cioè non una interpretazione ma una traccia parallela e una forma di ricostruzione a memoria dell’epica” del racconto. Rimane, soprattutto, lo stridore tra il senso dell’abitare il territorio di una volta, la spiritualità del sogno, delle sue infinite possibilità, e il sentirlo adesso, tra gli ingranaggi della scomparsa.
[…] A dire di questa possibile necessità del dialetto, è una sua caratteristica che forse ho capito solo dopo questa lettura: e cioè il compito di slacciarsi da una lingua ufficiale e per giunta imbastardita come l’italiano: non perché il suo male consista nell’essere lingua mutante e invasa, cosa che, del resto, è sempre avvenuto e avviene nella storia dell’evoluzione delle lingue – ma perché la lingua delle scuole, della televisione e dei giornali, non è più la lingua che si parla dentro la casa, dove le cose hanno nomi familiari e non mutano per invasione ma piuttosto trattengono, ricordano incessantemente, contribuendo così a preservare un paesaggio, e non solo linguistico».

Liberamente tratto dall’articolo di Sebastiano Aglieco “Lungo la Storia” (gennaio 2011).

 

 

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