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Vita di Karol (Il mio Wojtyla) al Teatro Sociale di Busto Arsizio

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Articolo in: - Spettacolo  

Dall'Italia e dal mondo

Annamaria Sigalotti - Teatro Sociale di Busto Arsizio 28/03/2011

Vita di Karol (Il mio Wojtyla) al Teatro Sociale di Busto Arsizio Annamaria Sigalotti - Teatro Sociale di

Dalle assi del palcoscenico al soglio pontificio: la storia di «un uomo che ha cambiato il mondo». La storia di un uomo che diventerà santo. Uno spettacolo per riscoprire una delle figure più sfaccettate del Novecento: Karol Wojtyla. Il «guerriero della pace». Il «papa dei giovani e delle genti». Il «grande comunicatore». Il «papa del perdono e della sofferenza». Il papa degli artisti. Lo spettacolo debutterà a Busto Arsizio nella serata di martedì 19 aprile 2011

 

VITA DI KAROL
(Il mio Wojtyla)

Testo e regia di Delia Cajelli
con gli attori del Teatro Sociale
luci e fonica: Maurizio «Billo» Aspes
produzione:
associazione «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsizio
spettacolo di prosa (sacra rappresentazione)


Una casa privata, cinque attori, venti spettatori, una candela e qualche brano di Frédéric Chopin al pianoforte: inizia così l'avventura del Teatro rapsodico clandestino di Crocovia, fondato negli anni Quaranta, in pieno regime nazista, dal professore Mieczyslaw Kotlarczyk, insegnante di lingua polacca e teorizzatore di una forma di rappresentazione legata al culto della «parola viva», dove si cessava di far uso di sipario e palcoscenico tradizionale, nonché di scene, costumi e trucco, per dare spazio prioritario alle rime e al ritmo di un'opera teatrale. Un'esperienza, questa, che segnò profondamente la gioventù di Karol Wojtyla, allora chiamato dagli amici Lolek. Nacquero in quegli anni testi teatrali come «La bottega dell'orefice», «Fratello del nostro Dio» e «Giobbe», che rivelano un talento capace di esprimere poeticamente i più profondi concetti di carattere teologico e filosofico.

La passione del futuro papa Giovanni Paolo II, allora studente di filologia polacca all'Università Jaghellonica di Cracovia, non si limitò, però, alla sola stesura di commedie e drammi: Karol Wojtyla -lo si evince da un testo autobiografico come «Dono e mistero nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio» (1996)- sperimentò e visse in prima persona tutte le componenti del teatro, esercitando i ruoli di voce recitante, attore, regista e, persino, critico teatrale per il settimanale «Tygodnik Powszechny», dove scrisse dal 1959 al 1961, quando era già sacerdote, con lo pseudonimo di Andrzej Jawien. A questa esperienza giovanile di papa Giovanni Paolo II e alla storia, romantica e avventurosa, del Teatro rapsodico -definito anche «teatro delle catacombe» perché recitato in clandestinità, per pochi «iniziati» e con il costante timore di una retata nazista- guarda l'incipit di «Vita di Karol».

Lo spettacolo inizia, infatti, con un itinerario evocativo attraverso la produzione teatrale e poetica del futuro papa Giovanni Paolo II, per poi soffermarsi brevemente sulla sua scelta sacerdotale e sui tanti volti del suo lungo pontificato, dai viaggi per il mondo al rapporto con i giovani, dalla grande capacità comunicativa all'esperienza della sofferenza e della malattia, senza dimenticare di illustrare il pensiero di Wojtyla sul lavoro, sulla donna, sull'amore, sulle altre grandi religioni monoteiste, sugli avvenimenti che hanno segnato la storia del Novecento (dal nazismo alla caduta del muro di Berlino). Non mancherà� nello spettacolo un richiamo all'ultima immagine che tutti noi abbiamo del «papa degli artisti», dell'uomo capace di radunare folle oceaniche e di conversare con la stessa sensibilità e attenzione con gli umili come con i potenti: quella del funerale, con il feretro dalla semplicità francescana e l'evangelario sfogliato dal vento.

Fonti per questo percorso nella vita di Giovanni Paolo II, proposto in occasione della Pasqua 2011 a Busto Arsizio e, dall'autunno, in tournèe nel nord Italia grazie al sostegno economico della Fondazione Lambriana per attività religiose e caritative, saranno, oltre agli stessi scritti del pontefice polacco (da «Dono e mistero» del 1996 a «Lettera agli artisti» del 1999, dalle encicliche alle poesie), alcune citazioni bibliche e� libri di recente pubblicazione quali «Il� mio Karol» (2008) di Aldo Maria Valli, «I segreti di Karol Wojtyla» (2009) di Antonio Socci, «I martedì di Karol: La vita quotidiana di Giovanni Paolo II» (2009) di Mieczyslaw Mokrzycki, «Perché è santo. Il vero Giovanni Paolo II raccontato dal postulatore della causa di beatificazione» (2010) di Slawomir Oder e Saverio Gaeta, «Karol e Wanda» (2010) di Giacomo Galeazzi e Francesco Grignetti.� Particolare attenzione verrà data anche a tre volumi usciti in occasione della beatificazione, prevista per il prossimo 1° maggio: «Giovanni Paolo II: La biografia»� (marzo 2011) di Andrea Riccardi, «Giovanni Paolo II nel cuore del mondo» (marzo 2011) di Angelo Comastri e «Giovanni Paolo II. Beato» (marzo 2011) di Renzo Sala.

«La scenografia sarà semplice e spoglia, proponendo -spiega la regista Delia Cajelli- una rivisitazione in chiave teatrale della croce del Golgota». (Annamaria Sigalotti, responsabile Ufficio stampa teatro Sociale di Busto Arsizio e associazione «Educarte»)


IL MIO SPETTACOLO SU KAROL� WOJTYLA

Il mio testo nasce da libri sulla vita di Karol Wojtyla, usciti di recente nelle librerie italiane, ma anche da una mia lunga esperienza di «frequentazione personale» dell'opera di papa Giovanni Paolo II. Lo spettacolo vuole raccontare la giovinezza del pontefice polacco, il suo amore per il teatro, la scelta sacerdotale e, infine, intende porre l'accento su quello che fu il suo rapporto con il «dolore», vissuto in prima persona in tanti avvenimenti della sua vita.

Perché uno spettacolo teatrale su Karol Wojtyla / Giovanni Paolo II?

Le tre vie che l'uomo percorre per raggiungere la verità

«Da tempo i filosofi hanno riconosciuto che l'uomo accede alla verità per tre vie: quella dell'arte, quella della filosofia e quella della religione.

Karol Wojtyla ha iniziato con l'essere poeta e drammaturgo, poi ha proseguito il suo cammino come filosofo e come teologo. Wojtyla riunisce dunque in sé le tre grandi componenti del pensiero, e perciò costituisce quella figura emblematica di uomo che in vari modi percorre queste tre vie per raggiungere la verità». (Giovanni Reale)

Personalmente rimasi molto colpita dalla «Lettera agli artisti» per la «dignità» enorme che papa Giovanni Paolo II riserva a chi si occupa di cultura e mi fu di grande conforto scoprire che avevo fatto e facevo nella mia vita non un lavoro, ma una «missione»; restituire un «talento» che avevo ricevuto in prestito, senza alcun merito da parte mia, era il mio compito.

L'artista immagine di Dio creatore

«Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di un tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi.

Per questo mi è sembrato non ci fossero parole più appropriate di quelle delle Genesi per iniziare questa mia Lettera a voi, ai quali mi sento legato da esperienze che risalgono molto indietro nel tempo ed hanno segnato indelebilmente la mia vita. Con questo scritto intendo mettermi sulla strada di quel fecondo colloquio della Chiesa con gli artisti e in duemila anni di storia non si è mai interrotto, e si prospetta ancora ricco di futuro alle soglie del terzo millennio.

In realtà, si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o da motivi funzionali, ma radicato nell'essenza stessa dell'esperienza religiosa che della creazione artistica. La pagina iniziale della Bibbia ci presenta Dio quasi come il modello esemplare di ogni persona che produce un'opera: nell'uomo artefice si rispecchia la sua immagine di Creatore. Questa relazione è evocata con particolare evidenza nella lingua polacca, grazie alla vicinanza lessicale fra le parole stwòrca (creatore) e twòrca (artefice)...» («Lettera agli artisti», 1999)


Lo spettacolo è basato sulla parola. Una parola, semplice e immediata, che racconta l'uomo come lo stesso Papa ci ha suggerito. Questo è un aspetto non secondario dello spettacolo, visto che viviamo in un'epoca in cui la parola ha sopraffatto l'immagine.

«... in quel periodo ero preso soprattutto dalla letteratura, in particolare per quella drammatica e per il teatro...»

«... attirò la mia attenzione lo studio della lingua stessa... questo mi introdusse in orizzonti completamente nuovi, per non dire nel mistero stesso della parola... la parola, prima di essere pronunciata sul palcoscenico, vive nella storia dell'uomo come dimensione fondamentale dalla sua esperienza spirituale...»

«...In quel periodo rimasi in contatto con il teatro della parola viva, che Mieczyslaw Kotlarczyk aveva fondato e continuava ad animare nella clandestinità...»

«... Era un teatro molto semplice. La parte scenica e decorativa era ridotta al minimo; l'impegno si concentrava essenzialmente nella recitazione del testo poetico...»

« ... Devo ammettere che tutta quella esperienza teatrale mi si è impressa profondamente nell'animo, anche se ad un certo momento mi resi conto che in realtà non era questa la mia vocazione».��� (Giovanni Paolo II)


Lo spettacolo sarà affidato ad attori "capaci" di usare la parola con grande maestria e di riempirla del grande sentimento che Wojtyla ha sempre avuto per gli altri, per gli uomini da lui sempre considerati fratelli in Cristo. Essendo stato Giovanni Paolo II il pontefice della comunicazione diretta, semplice ed immediata anche lo spettacolo si pone anche questo obiettivo.


«... Wojtyla fu fermamente convinto che il teatro costituisca una grande forza etica. Egli ritenne, infatti, che la missione del teatro costituisca una grande forza etica. Egli ritenne, infatti, che la missione del teatro fosse quella espressa da Shakespeare:

"Il suo destino, oggi come ieri, è stato ed è quello di servire
come specchio o modello della natura e alla vita,
di riprodurre la verità del bene e del male nel mondo,
di dar forma allo spirito del tempo e allo spirito
del progresso e di costituirne la bellezza...» (Giovanni Reale)


(Delia Cajelli, regista teatrale)

 

 

  http://www.teatrosociale.it#...]

 

LA REGISTA DELIA CAJELLI
Delia Cajelli è direttrice artistica del teatro Sociale di Busto Arsizio ed è presidente dell'associazione culturale «Educarte». Si occupa di regie teatrali dagli anni Settanta ed è coordinatrice di progetti di didattica teatrale per bambini ed adolescenti come il corso «Attori in erba», realizzato con la collaborazione del Comune di Busto Arsizio, e il progetto triennale «Cantiere per la formazione e per lo sviluppo della creatività artistica della PERSONA», premiato dalla Fondazione Cariplo di Milano nell'ambito del bando senza scadenza «Valorizzare la creatività giovanile in campo artistico e culturale». Uno dei suoi spettacoli con i bambini e per i bambini, «Terra, terra!», è stato selezionato dal settimanale italiano «Il giornalino» per essere presentato durante la tappa italiana di «Buon Puffleanno» (2008), evento organizzato dalla belga Imps (International merchandising, promotion & services s.a.) per i cinquant'anni dei Puffi.

Ha collaborato con il Centro nazionale studi manzoniani di Milano per l'allestimento de «Il Conte di Carmagnola» di Alessandro Manzoni (1984), con il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera per la messa in scena de «La figlia di Iorio» di Gabriele D'Annunzio (1988), con la Casa Goldoni di Venezia per la riduzione scenica dei «Memoires» di Carlo Goldoni (1993) e con il Centro nazionale studi leopardiani di Recanati per lo spettacolo «Sonavan le quiete stanze e le vie d'intorno», dall'opera di Giacomo Leopardi (1998). Collabora stabilmente con il Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento, per conto del quale ha curato le regie di numerosi spettacoli come «Questa sera si recita a soggetto» (1981), «La nuova colonia» (1991), «Il fu Mattia Pascal» (2005), «I vecchi e i giovani» (2006), «L'altro figlio» (2007), «Sogno, ma forse no» (2008), «L'uomo dal fiore in bocca» (2009) e «Sei personaggi in cerca d'autore»� (2010).

Ha realizzato spettacoli di teatro civile sulla Shoah e sulle politiche di persecuzione e di sterminio naziste, quali, per esempio, «Uomini contro» (1995), «Se questo è un uomo», dall'omonimo romanzo di Primo Levi (1997-2011), «Il fumo che sale lento», sulla vicenda di Anna Frank (2001), «Giustizia, non vendetta», sulla storia di Simon Wiesenthal (2006), «Come una rana d'inverno. Quando l'Olocausto è donna», sull'esperienza femminile nei lager (2009), «Hanno memoria le querce! Hanno memoria!», sulla strage di Marzabotto (2010), e «La notte», dall'omonimo libro di Elie Wiesel (2002 e 2011). Per questa sua attiva è stata premiata, nel gennaio 2011, con una targa dal Comitato Amici del Tempio civico Sant'Anna in Busto Arsizio per l'«impegno culturale e civile a mantenere viva tra i giovani la memoria degli sterminati nei lager nazisti e a diffondere i valori della libertà, della solidarietà e della pace».

L'attenzione ai passaggi fondamentali della nostra storia si è concretizzata nel 2011 anche con la realizzazione di un cartellone di eventi per i 150 anni dell'Italia unita, comprendente, tra l'altro, la riduzione scenica del romanzo «Cuore» di Edmondo De Amicis (16, 17 e 18 marzo 2011) e due spettacoli sulla questione meridionale, riletta attraverso le parole di Luigi Pirandello (8 marzo 2011) e Giovanni Verga (17 novembre 2011).

Suoi spettacoli teatrali sono stati rappresentati anche all'estero, a Montecarlo (1988), Bonn (1990), Tunisi (2006), Graz (2007), Bratislava (2008), Budapest (2009); la sua rappresentazione «Nel mezzo del cammin di nostra vita...» (dal 1988 al 2008), tratta dall'«Inferno» di Dante Alighieri, ha inaugurato la riapertura della cattedrale tedesca di San Pietro in Lubecca (1992).

Si è sempre occupata di teatro di argomento sacro e religioso. Tra le sacre rappresentazioni delle quali ha scritto il testo e curato la regia si ricordano «Francesco d'Assisi» (1999), «Padre Pio da Pietralcina» (2002), «Paulus, l'apostolo delle genti» (2009), e «La Passione» (dal 1991 ad oggi), spettacolo rappresentato anche all'interno della chiesa di Sant'Ambrogio a Milano, su incarico del cardinale Carlo Maria Martini, nel 1994. Nel 2008 ha dedicato due spettacoli teatrali a papa Giovanni Paolo II: il recital «Karol», sull'esperienza del Teatro rapsodico, e il dramma «La bottega dell'orefice», meditazione sul sacramento del matrimonio, in forma di dialogo-monologo, a firma dello stesso papa Giovanni Paolo II. Nel 2010 ha diretto la sacra rappresentazione «Donna de Paradiso lo tuo figliolo è priso», portata in scena anche a Torino, nella Real Chiesa di San Lorenzo, in occasione dell'Ostensione della Sacra Sindone.


LO SPETTACOLO IN SINTESI

VITA DI KAROL
(Il mio Wojtyla)
testo e regia di Delia Cajelli
con gli attori del teatro Sociale
luci e fonica: Maurizio «Billo» Aspes
produzione: associazione «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsizio
spettacolo di prosa (sacra rappresentazione)

prima nazionale
martedì 19 aprile 2011 - ore 21.00
teatro Sociale di Busto Arsizio
Piazza Plebiscito, 8 - 21052 Busto Arsizio (Varese)

 

 

 

 

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