Haiti, prima del terremoto, adesso... e dopo?
Articolo in: - Comunicati
Dall'Italia e dal mondo
SP 17/01/2010
Per chi intende dare un aiuto economico segnaliamo
Il sito delle Ong dell'Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze AGIRE (http://www.agire.it/) che raggruppa alcune tra le più importanti ed autorevoli organizzazioni non governative italiane
I conti attivi presso Banca Etica delle diverse associazioni umanitarie
CARITAS ITALIANA - Per sostenere gli interventi in corso si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma - Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 - causale "Emergenza Haiti"
LEGAMBIENTE E AVSI - Legambiente si offre di indirizzare una raccolta di fondi per Haiti attraverso l'AVSI. Si può utilizzare il conto bancario: Legambiente onlus, Banca ETICA, codice IBAN IT79 P050 1803 2000 0000 0511 440 - specificando: emergenza Haiti.
MEDICI SENZA FRONTIER ITALIA ONLUS - Per contribuire all'azione di soccorso di MSF a Haiti: bonifico bancario Banca Etica - IBAN IT58D0501803200000000115000 - causale Terremoto Haiti, oppure on line sul sito di MSF- www.medicisenzafrontiere.it
UNICEF - Si possono effettuare donazioni all'UNICEF: tramite: cc bancario Banca Etica IBAN IT51 R050 1803 2000 0000 0510 051 oppure online su www.unicef.it/haiti, oppure chiamando il numero verde UNICEF 800745000;
PROGETTO MONDO MLAL - ha avviato una raccolta fondi straordinaria per la fase di ricostruzione, sapendo di potere già contare su un importante progetto di cooperazione, approvato a livello di Commissione europea, e su un partner in loco. Per donazioni: Banca Popolare Etica IBAN IT 07 J 05018 12101 000000511320
Haiti, la povertà non è una calamità della natura
di Lisa Clark
Le immagini della catastrofe umana di Port-au-Prince sconvolgono. Ancora una volta la natura si accanisce contro chi è già nelle peggiori condizioni di vita. Ma sarebbe miope buonismo non cogliere l'occasione per sottolineare che la povertà di Haiti non è una calamità della natura. In gran parte, la devastazione che ha colpito la popolazione è frutto di azioni e politiche umane... o forse disumane.
Secondo gli studi più recenti il 75% degli haitiani vive con meno di 2 dollari al giorno, e di questi la metà con meno di 1 dollaro. Decenni, ormai, di politiche neoliberiste e di aggiustamenti strutturali hanno privato i governi locali del potere di investire nel proprio popolo, di promuovere emancipazione, di regolare l'economia, di favorire la partecipazione degli uomini e delle donne di Haiti al futuro del paese. Di realizzare il programma, realistico e minimale del Presidente: "Sollevare il mio popolo dalla miseria più abietta per portarlo almeno ad un povertà dignitosa".
Dalla fine degli anni '70, spietate politiche agricole improntate al dogmi neoliberisti che spianavano la strada agli interessi delle potenze economiche multinazionali hanno spopolato le campagne, costringendo numeri sempre crescenti di persone a migrare verso la città alla ricerca di qualche espediente per garantirsi la sopravvivenza. Non esistono purtroppo statistiche affidabili, ma sono centinaia di migliaia di residenti di Port-au-Prince che sopravvivono in baracche e strutture precarie, costruite su pendici rese franose dalla deforestazione. Non c'è niente di "accidentale" né di naturale nelle bidonville delle megalopoli che nascono negli Stati le cui economie tradizionali sono state divelte da inique politiche economiche internazionali.
Dal 2004 è la missione Onu (Minustah) che effettivamente governa. Si tratta di una missione costosa che è essenzialmente di pacificazione e militare. Ma, ogni volta che i funzionari civili della missione hanno chiesto agli Stati che li finanziano di stanziare fondi per progetti di riduzione della povertà, oppure per promuovere una riforma agraria o progetti di partecipazione della società civile, i Paesi donatori hanno sempre risposto che non ci sono i fondi. Un modello di aiuti internazionali malato: nemmeno questo è imputabile al caso o alla natura.
E' sacrosanto fare tutto il possibile per aiutare i sopravvissuti del terremoto di Haiti. Nell'immediato, ciò significa squadre di soccorso, ospedali da campo, invio di viveri e materiali per fornire riparo. Ma se davvero vogliamo trasformare la nostra angoscia di fronte alla tragedia in proposta concreta, sarà bene che cominiciamo subito, da oggi, a riflettere sulle responsabilità di quella Comunità internazionale che oggi si mobilita a inviare aiuti di emergenza. Sono responsabilità anche nostre. (Lisa Clark)
Haiti: un pensiero personale, una riflessione pubblica
di Martin Enrico Iglesias
Una prima scossa di oltre magnitudo 7 gradi mette in ginocchio gli edifici della capitale di Haiti, e sotto le ginocchia i suoi abitanti, ancora una volta "schiacciati"....
Era fine settembre del 2008, quando la nostra associazione, Selvas.org, riusciva in pochi giorni a raccogliere una cifra importante per dare aiuto alle vittime dei tre uragani distruttivi che in pochi giorni sconvolsero Haiti a fine estate. Era la prima volta che Selvas.org organizzava una raccolta fondi, ma questo non ci fece paura, anzi raccogliemmo le poche forze organizzative di cui eravamo capaci per produrre un aiuto vero.
Da qualche anno stavamo sostenendo gli sforzi che una piccola, ma coraggiosa, associazione di avvocati haitiani, stava portando avanti: fare luce e dare la dignità della verità alle infinite sparizioni e violenze accadute ad Haiti senza interruzione sotto le dittature, le democrazie e le "Missioni di Pace" dei soldati dell'Onu. Questa Associazione volontaria di avvocati (AUMOHD), diretta da Evel Fanfan, nonostante si trovasse sotto continua minaccia di morte e persecuzione fisica, aveva deciso, alla fine di quella terribile estate, di sospendere momentaneamente le loro denunce sul campo per assistere la popolazione che a migliaia vagava senza casa, familiari e averi, e costruire un ricovero per famiglie.
Il giovane avvocato Fanfan, forse, non avrebbe creduto neanche lui di poter sfamare, per il tempo necessario, oltre 800 persone radunate in un edificio scolastico da lui e gli altri volontari. Al di là dei nostri aiuti economici che hanno permesso comprare un buon numero di derrate alimentari questo lo ha fatto soprattutto lui e gli altri volontari con le loro mani.
Anche se è da sottolineare che gli alimenti che hanno dovuto acquistare erano proprio quelli con il marchio degli aiuti internazionali!
Fu uno dei tanti successi e del gran lavoro che gli haitiani fanno nella loro e per la loro nazione.
Con orgoglio. Con dignità
A tante ore dal forte sisma del 12 gennaio non riusciamo ad avere ancora notizie di questi nostri amici e la catastrofe umanitaria non fa pensare al meglio. (Esiste una televisione che in questi istanti, su internet, offre una diretta continua anche con una chat e delle linee telefoniche a disposizione (www.haitipal.com), forse non è l'unica. Ma una cosa vorrei chiedere a tutti. La mia riflessione è questa: date un aiuto, come meglio credete, a questo popolo
ma ricordate che non sono solo i soldi ad aiutare. I soldi adesso saranno l'estensione del nostro cuore. Ma per aiutare la dignità di un popolo, come quello di Haiti, ancora una volta schiacciato dalla storia, non dobbiamo più chiudere gli occhi davanti l'ingiustizia.
La comunità internazionale si sta muovendo e l'aiuto che personalmente vorrò dare sarà solo agli haitiani, perchè, e questa è solo storia personale, diffido di chiunque abbia portato "aiuto" ad Haiti e faccia parte di una Rete Internazionale, almeno queste ritengo siano le condizioni storiche attuali. Troppe tristi vicende hanno circondato la Comunità Internazionale ad Haiti, e le Missioni Internazionali che aiutano questo popolo disgraziato, e sinceramente io non credo alla magia nera, negativa.
Voglio tornare a ricevere i resoconti di un giovane gruppo di avvocati difensori di Diritti Umani che con orgoglio cercano di scrivere una storia di Giustizia che è quella del loro Popolo.
Nel 1804, la terra degli schiavi fuma alla fine della sua rivoluzione...
I neri di Haiti, sconfitto Napoleone, proclamano l'indipendenza. E si dichiarano liberi.
Dopo oltre 200 anni, quanto ancora dovranno pagare per questo affronto?
(Martin Enrico Iglesias)